Impronte

Questo epistolario ha iniziato a prendere forma la scorsa estate, quando mio cugino Carlo mi ha mostrato alcune lettere di nostri antenati emigrati a inizio Novecento in Argentina che scrivevano ai familiari rimasti in Italia. Le ho trascritte, mi sono sembrate belle e ne ho cercate altre chiamando a raccolta la famiglia. 

Mi sono poi resa conto che anch’io ero in possesso di molte lettere anche se di persone a me più vicine: il carteggio fra i miei genitori, le lettere inviatemi dai miei cari quando sono stata a lavorare all’estero, fino ad alcune lettere dei miei figli. 

Ho raccolto buona parte di questo materiale ed ho sentito l’esigenza di dargli una veste più dignitosa di una scatola di cartone o un raccoglitore nella libreria in mansarda. 

E trascrivendo quelle parole ho capito che queste lettere, anche le più lontane nel tempo, mi parlavano ancora, che ancora tanto avevano da dirmi. E volevo che le loro parole non andassero perse, ma conservate con cura.

Le lettere sono state anche un modo per conoscere meglio la famiglia di mia madre e cercare di farne un piccolo affresco di come si è trasformata nel corso dello scorso secolo. 

La prima lettera di Fortunato, un fratello di mio nonno, è del 1909; l’ultima, di mia figlia Alessandra, del 2009: cento anni esatti.